Percorsi di Scena

Itinerari di teatro

Napoli, luglio – agosto 2001

Percorsi di scena è una rassegna  nata nell’estate del 2001 e ideata e organizzata da Vesuvioteatro per conto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli. Ha ospitato diciannove spettacoli di teatro di ricerca al Teatro Mercadante di Napoli, nel Cortile del Maschio Angioino e negli spazi all’aperto del Real Albergo dei Poveri. Mette insieme spettacoli particolarmente impegnati, con atmosfere decisamente lontane dai clichet degli spettacoli estivi e proposti in luoghi di grande suggestione.


Comunicato stampa

L’Assessore alla Cultura del Comune di Napoli e Vesuvioteatro presentano, all’interno delle iniziative promosse per Insieme d’Estate, la rassegna teatrale itinerante Percorsi di scena, che si svolgerà dal 10 luglio al 12 agosto 2001 nella città di Napoli.
La rassegna, che ospiterà compagnie provenienti da diverse città italiane e straniere, si definisce a partire da un tipo di ricerca fondata sull’esplorazione delle forme teatrali contemporanee, e si costruisce in base a un’integrazione dei “generi” teatrali che si aprono e si mescolano gli uni con gli altri in un perpetuo processo di osmosi.
Due dei sette spettacoli presentati all’interno della rassegna, Hamletmachine della compagnia americana “New World Performance Laboratory” e Quartett di “Vesuvioteatro” per la regia di Carlo Cerciello sono dell’autore tedesco Heiner Müller. Entrambi saranno rappresentati al Teatro Mercadante con un numero limitato di spettatori. Baldus, del “Teatro delle Albe” per la regia di Marco Martinelli, e Tamburi di Guerra, spettacolo parzialmente musicale degli “Artisti Molisani Associati” saranno presentati al Real Albergo dei Poveri, insieme con uno spettacolo di nuovo allestimento della compagnia Rossotiziano, Illuminato a Morte, di e con Peppino Mazzotta.
Lo spettacolo-parata itinerante Fiesta del “Teatro dei Due Mondi” si svolgerà lungo il centro storico della città e la Villa Comunale nell’arco dei tre giorni della rappresentazione, sempre al centro storico sarà allestito Les Stop Danses, della compagnia “Lavori in corso” che incentra il proprio lavoro in base allo spazio che utilizza.

Programma

10 – 11 LUGLIO 2001
Teatro Mercadante – ore 21.15
NEW WORLD PERFORMANCE LABORATORY
HAMLETMACHINE
di Heiner Muller
regia di James Slowiak
scenografia Douglas-Scott Goheen
con Jairo Cuesta, Salvatore Motta, Debora Totti
Morire, dormire
Dormire, forse sognare. E’ proprio qui l’ostacolo
Perché in quel sonno di morte, tutti i sogni che possan sopraggiungere
Quando noi ci saremo liberati dal tumulto, dal viluppo di questa vita mortale,
dovranno indurci a riflettere. E’ proprio questo scrupolo a dare
alla sventura una vita così lunga.
L’Amleto. Atto III, Scena I
Hamletmachine è stato scritto da Heiner Muller nel 1977 ed è stato presentato per la prima volta in Francia nel 1979.
L’opera riflette la sua critica dell’“intellettuale in conflitto con la storia”. Muller vede Amleto come un “uomo tra i secoli”. Egli frantuma il testo di Shakespeare. Il suo lavoro è come un frammento di uno specchio, ogni pezzo riflette e distorce entrambi, l’Amleto di Shakespeare e il mondo contemporaneo.
Ci confrontiamo sempre con il paradosso nell’Amleto di Shakespeare ed è precisamente questo paradosso che Muller crudamente drammatizza. Per questo motivo il New World Performance Laboratory utilizza il testo di Muller come varco per raggiungere il mito di Amleto.
Prendendo il testo di Muller come struttura base, il New World Performance Laboratori interscambia scene tratte dal dramma di Shakespeare ed elementi autobiografici degli attori.
Il risultato è un montaggio, il cui paradosso è esplorato come un “modo della coscienza”.
Lo storico Morris Berman definisce il paradosso come l’esperienza dello “spazio”, un’attenzione diffusa o periferica. Barman dice: “Il paradosso non è caratterizzato da una ricerca per il “senso”, una insistenza o speranza che il mondo sia questo o quello. Il paradosso semplicemente accetta il mondo come si presenta.
Non si “tratta” con l’alienazione, si può solo vivere con essa, accettare il disagio per quello che è. Come incarnare questo stato del paradosso? Questo è il dilemma di Amleto: “Essere o non essere: questa è la domanda”. Così, anche gli attori del New World Performance Laboratori si confrontano con questa domanda essenziale durante lo spettacolo HAMLETMACHINE
L’arte non è su qualcosa: è qualcosa.
Heiner Muller

13 – 14 – 15 LUGLIO 2001 – Real Albergo dei Poveri – ore 21.15
TEATRO DELLE ALBE
BALDUS
riscrittura per lampi da Teolifo Folengo
di Marco Martinelli
ideazione Marco Martinelli, Ermanna Montanari
briganti in scena Luigi Dadina, Francesco Antonelli, Giuseppe Aurilia, Alessandro Bonoli, Gerardo De Vita, Luca Fagioli, Roberto Magnani, Marco Mercante, Alessandro Renda.
scene e costumi Ermanna Montanari, Cosetta Gardini, progetto luci Vincent Longuemare
direzione tecnica Enrico Isola collaborazione drammaturgia Renata Molinari
assistenza alla regia Maurizio Lupinelli
regia Marco Martinelli
produzione Santarcangelo dei Teatri – Ravenna Teatro
in collaborazione con Federcooop Ravenna, Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura
“Un covo dai muri scrostati per poche decine di spettatori, fisicamente accerchiati dagli otto briganti che racconteranno le avventura di Baldus, malfattore di sangue reale, nato per volere del destino a Cipada, un villaggetto situato “citra Padum”, cioè oltre il Po”.
Baldus e i suoi compagni sono i discendenti scapestrati di Orlando e Rinaldo.
Folengo tratta Cipada come Parigi, e dal piccolo costruisce una smisuratezza. L’autore mantovano, che Manganelli riteneva “tra i grandi, assolutamente grandi poeti della nostra letteratura”, ha il gusto dell’enorme, di ciò che per dimensioni, estro, dinamica fantastica, non sta nei limiti della regola. Nel Folengo assistiamo alla dissoluzione del senso architettonico rinascimentale, egli deride come illusorio ogni schema, ordine, codice. In questo è anticlassico: si ribella allo spirito codificatorio con cui il Rinascimento andava costruendo la sua visione di civiltà, e vi oppone la violenza dei moti centrifughi, l’allegria della dissoluzione e del tumulto. Negli stessi anni in cui Ariosto, in linea con le direttive del Bembo, pulisce e ripulisce dai dialettismi l’italiano del suo capolavoro, Folengo inventa una lingua comica e raffinata, personale impasto di latino e dialetti del nord Italia.
Il Baldus è il poema dell’anarchia, è il riso poetico di un anarchico sull’anarchia del mondo.
Pur sbeffeggiando gli imbroglioni, qui Folengo fa la sua dichiarazione di profonda fede alchemica, alludendo a quella forza, “quell’Afa per la quale possiamo fruire della vita, per la quale ci è dato acquisire il vero oro, i segreti che fanno toccare i genitali delle cose” (“genitali rerum”).
Il Baldus è il poema dei suoni, dei canti, dei versi animaleschi, dei rumori, o meglio ancora, del fragore: dalle urla umane di gioia e disperazione, fino al rimbombare assordante del cosmo. Nel covo dei nostro Baldus il sussurrare di un brigante sul collo dello spettatore sarà percepibile come la musica.
Non è filologia il Baldus, racconta straripando il nostro presente.
“Phantasia” è la prima parola del primo verso dei dodicimila che compongono il Baldus.
Alla fine dello spettacolo, anche il nostro covo di briganti si rivelerà per quello che è: una zucca dove mettere in vita le bugie, le invenzioni, i fantasmi del teatro.

19, 20, 21, 22, 23 LUGLIO 2001 – Teatro Mercandante – ore 21.15
VESUVIOTEATRO
QUARTETT
di Heiner Muller
con Paolo Coletta e Imma Villa
costumi Franz Prestieri, scena Massimo Avolio, Roberto Crea, musiche Paolo Coletta
regia Carlo Cerciello
Nomination al premio UBU 2000 – Sezione Premi Speciali
Tra città e città
Dopo il muro l’abisso
Vento sulle spalle la mano
Estranea sulla carne solitaria
L’angelo lo sento ancora
Ma non ha più altra faccia che
La tua che non conosco
Heiner Muller
“La favola è disarticolata e si mette a proliferare. Come un cancro. Quartett come metastasi di Le amicizie pericolose”.
Sesso, potere e morte, gli elementi costitutivi della crudele rappresentazione che si dipana tra regole e schemi di gelida lucidità, conducendo la favola settecentesca a morire, come metafora del novecento, attraverso un nuovo epilogo morale: l’annientamento degli ideali.
Valmont e Merteuil, giocattoli vuoti, figli e vittime di una razionalità spietata, che impedisce loro di aggrapparsi a qualsiasi forma di sentimenti, sono consanguinei dell’uomo contemporaneo, confuso e smarrito nelle sue crisi: di identità, di valori, di spiritualità.
La perdita della bellezza, il sesso che muore nell’orgasmo e si nutre di nuove illusioni. La paura del mutamento, dello scorrere del tempo, il trionfo inesorabile della morte, inducono i due personaggi a rifugiarsi nella narcisistica e teatrale rappresentazione di se stessi, a rinchiudersi nei loro ciechi egoismi, nel disperato tentativo di rallentare l’inevitabile processo di disfacimento cui sono destinati. Gli altri sono maschere, strumenti per migliorare la rappresentazione e portare a termine il gioco. Il teatro è, dunque, al tempo stesso, salvezza ed inganno.
“La commedia ridicolizza la morte, la tragedia la festeggia” dice Muller e sceglie per i due attori-personaggi-attori il primo genere.
Ma quando il gioco viene spinto fino all’estrema rappresentazione della morte, quando la morte diventa spettacolo, i giocattoli si rompono. La maschera cade, svelando il nulla che è dietro di essa. E’ forte il senso politico dell’ultima scena dove la “donnetta” Tourvel, per bocca di Valmont, mostrandosi capace di morire per amore, per un ideale, manda in crisi il gioco lucidamente cinico e spietato dei suoi carnefici.

24 LUGLIO 2001 – Real Albergo dei Poveri – ore 21.15
AMA ARTISTI MOLISANI ASSOCIATI
in collaborazione con ASTI TEATRO 2000
TAMBURI DI GUERRA
ritmi d’arme, d’amor, d’audaci imprese da Omero a Shakespeare, da Alfieri a….
liberamente tratto da opere di Vyasa, Omero, Alce Nero, Manzoni, An africani, Ariosto, an. provenzali, Alfieri, Shakespeare, Tasso, Cervantes, Jacobacci, Alberti, Neruda, De Gregori, Ciruzzi, Conrad, Majakovskij, Dylan, De Andrè, Morante, Monicelli, Age & Scarpelli
di Stefano Sabelli e Marinella Ciamarra
con Stefano Sabelli, Sabrina Colle, Claudio Botosso e Percussioni Ketoniche e con Giorgio Careccia, Giorgio Di Lillo e la partecipazione di Ensemble Vocale Rama
Ideato e diretto da Stefano Sabelli, autore della drammaturgia con Marinella Ciamarra, lo spettacolo è un viaggio poetico e musicale, intrecciato e senza tempo, che dà voce, in scena, ai versi di poeti che hanno eletto ad oggetto delle loro opere la guerra, vista in un percorso che contempla un arco di oltre 3000 anni, dall’antichità alla modernità (da Vyasa col Mahabarata e Omero con l’Iliade, ad Ariosto, Cervantes, Shakespeare, Tasso, Alfieri, Manzoni, fino ai contemporanei, Conrad, Majakovskij, Dylan, De Andrè, De Gregori ed altri).
Versi di grandi autori, rimi, appunto, d’arme, d’amor e d’audaci imprese, riletti nella loro profondità poetica e letteraria e che si fondono coi ritmi e i suoni di alcune delle più affascinanti partiture contemporanee composte per strumenti a percussione.
Tamburi di guerra si avvale della straordinaria partecipazione musicale e coreografica di Percussioni Ketoniche, dieci formidabili percussionisti diretti dal maestro Giulio Costanzo, cresciuti nel Conservatorio “L. Perosi” di Campobasso.
Sorta di Stomp molisani, tenuti in gran considerazione dalla critica specializzata e con all’attivo un album d’esordio davvero pregevole – Rumori organizzati – Percussioni Ketoniche sono in grado di eseguire pagine di partitura tra le più difficili e impegnative del repertorio percussivo contemporaneo e al contempo di prodursi in uno spettacolare e coinvolgente gioco scenico e coreografico. I brani di Rumori organizzati – con le firme prestigiose di Cage, Reich, Chavez, Ohana, Undow – arrangiati e diretti dal vivo da Giulio Costanzo che, a sua volta, ha composto altri brani originali per lo spettacolo, sono un po’ il motore e il cuore pulsante di Tamburi di guerra.
La performance musicale e coreografica dei Ketoniche, insieme a quella dell’Ensemble Vocale Rama, diretta da Ivana De Luca, (pure formatosi al Conservatorio di Campobasso) altro punto di forza dello spettacolo, che esegue partiture per Coro di Attaignat, Gallus, Alberti-Gustarino, Rustichelli, s’integra perfettamente e dà ritmo alla recitazione e all’azione degli attori, così che Tamburi di guerra risulta alla fine una singolare partitura teatral-musicale per voci e percussioni, di grande energia e impatto scenico, dove la recitazione di versi immortali di autori che hanno eletto la guerra a tema poetico per loro opere si fonde alle voci e ai cori dell’ensemble vocale Rama e, con queste, ai ritmi e ai “rumori organizzati” impressi con grande efficacia da Percussioni Ketoniche.

2 AGOSTO 2001 – Real Albergo dei Poveri – ore 21.15
ROSSOTIZIANO
ILLUMINATO A MORTE
delirio logorroico con dichiarato scopo di propaganda
mirata all’elogio della professione di pubblico carnefice
di e con Peppino Mazzotta
collaborazione drammaturgica Antonio Martella
spazio scenico Francesco Saponaro
costumi e oggetti di scena Simona Sementina
organizzazione Alfonso Postiglione
una produzione Rossotiziano
“Ma mi conforta questa fantasia: che se tutto questo, il mondo, la vita, noi stessi, altro non è, come è stato detto, che il sogno di qualcuno, questo dettaglio infinitesimo del suo sogno, questo caso di cui stiamo discutendo, l’agonia del condannato, la mia, la sua, può anche servire ad avvertirlo che sta sognando male, che si volti su un altro fianco, che cerchi di avere sogni migliori. E che almeno faccia sogni senza la pena di morte. “ Leonardo Sciascia.
Quella del boia, una volta la si tramandava, era una stimata professione ereditaria; boia il padre, boia figli e nipoti. E come in ogni professione che si rispetti molti erano i segreti per uccidere senza far soffrire oppure far trapassare dopo aver fatto soffrire l’inferno. Un segno di maturità professionale stava nel garantire appunto una ‘ buona e rapida ‘ morte. La storia dell’uccidere è la storia stessa del mondo, in nessun’ altra cosa l’uomo ha meglio dimostrato la sua creatività che per inventare e perfezionare metodi e macchine per uccidere il suo simile.
Da circa un secolo si è creato un senso di vergogna via via crescente rispetto alle esecuzioni. Tanto che oggi un’esecuzione è diventata una specie di segreto ufficiale, un super serraglio, un affare sordido, clandestino, che sembra creare un terribile imbarazzo in tutti quelli direttamente interessati.
Ma un fatto emerge: l’uomo non è diventato meno crudele col passare del tempo, anche se in quasi tutte le parti del mondo è diventato molto più ipocrita di quello che era.
“La manchevolezza finora comune a tutti coloro che hanno intrapreso studi sulla pratica delle esecuzioni è che non l’ hanno mai saputa considerare come un’arte vera e propria. Non hanno tenuto conto di tutto ciò che occorre per fare di un’esecuzione un lavoro ben fatto. Non hanno nemmeno accennato ai mille e un aspetto della questione, di grande interesse per il filosofo morale e per chiunque, in qualsiasi modo, sia coinvolto nell’operazione.
E’ mia intenzione cercare di rimediare a queste gravi lacune e offrire un serio, benché succinto, contributo al pensiero contemporaneo su tutta la questione. Intendo avanzare anche suggerimenti per migliorarla in tutti i suoi aspetti, in modo da incrementarne la popolarità. La mia speranza è quella di poter indurre ad un elogio della modesta categoria di Boia comuni, oltre alla tolleranza di cui già godono ampiamente. Tutto questo è inteso unicamente al progresso del genere umano e non può quindi dare adito alla minima critica…” Mr. Berry.
L’approccio che si è scelto rispetto al tema della pena capitale è evidentemente alquanto singolare e inusuale. Una sorta di invettiva volta a difendere a spada tratta l’esecuzione capitale tentando di confutare tutte le tesi ad essa contrarie ed esaltare quelle ad essa favorevoli. Il risultato è la definitiva messa a nudo dell’inconsistenza di qualsiasi argomentazione a favore della pena di morte in ogni sua forma, lontana da ogni facile retorica.

6 – 7 – 8 AGOSTO 2001
da Piazza del Gesù a Piazza San Domenico Maggiore il 6 agosto
Isola pedonale via Toledo il 7 agosto
Villa Comunale l’8 agosto
ore 19.00
TEATRO DUE MONDI
FIESTA
Parata-spettacolo di strada
Scene e costumi Maria Donata Papaia
Testo e regia Alberto Grilli
Rumore di tamburi, uomini da volti di cartapesta alti tre metri ed oltre, costumi sgargianti, bandiere….., sono i segnali della parata che arriva, così la gente si prepara a camminarle dietro.
Poi uno stop: tutti in cerchio, c’è un combattimento tra giganti, o una corsa sfrenata, o un difficile equilibrio da mantenere. Ma già si ricomincia……
Una parata è sempre per il pubblico l’incontro con elementi si straordinarietà, e quindi con una sorta di meraviglioso che entra nel nostro contesto quotidiano – nelle nostre strade o case, per portare cose insolite. E va a toccare alcune delle più segrete corte del nostro sentire: la sorpresa, il coinvolgimento…
Per l’attore, la preparazione di uno spettacolo così particolare, è l’occasione per misurarsi col proprio mestiere e con un pubblico nuovo. Deve fare i conti col proprio mestiere perché deve eventualmente apprendere nuove tecniche (suonare, camminare in equilibrio sui trampoli) che utilizzare diversamente strumenti consueti (come la voce). Deve poi tentare la comunicazione con gente non abituata al teatro e in un contesto estraneo, fuori dall’edificio e dai riti del teatro: deve, quindi, porsi questo problema di approccio, e tentare di risolverlo.
Questa parata si inserisce scenograficamente nella recente tradizione italiana per alcuni aspetti (uso dei trampoli, delle percussioni, della musica…) e ne rispetta per così dire, la scansione classica: richiamo, trasferimenti, soste per le scene.
Nasce da un’idea “intorno a” un racconto di Gabriel Garcia Marquéz (L’incredibile e triste storia della candida Erendira e della sua nonna snaturata), e questo spiega la scelta di usare costumi allusivamente sudamericani. Ma se ne è distaccata progressivamente, proprio per quel processo naturale che è una componente del nostro lavoro artistico, e che ha portato nel tempo a privilegiare certi aspetti e ad accantonare scelte fatte in precedenza.
Oggi questo è uno spettacolo molto agile, dai meccanismi oramai consolidati, parlato in un dialetto maccheronico simile ad una sorta di grammelot che lo rende comprensibile a tutti.
Un dialetto come linguaggio nostro che ci consente delle complicità e delle fughe nel “modo di dire” che è spesso battuta comica.
E infatti questa parata – se, come detto in apertura, si inserisce nella tradizione italiana – presenta alcuni aspetti non consueti, e prima fra tutti quella voglia di divertire e di divertirsi, di giocare pur se con il massimo rigore interpretativo, che trasforma questo spettacolo dal racconto di una storia in un incontro-festa col pubblico.

9 – 10 – 11 – 12 agosto 2001
Centro storico – ore 19.00
LAVORI IN CORSO
LES STOP DANSES
coreografia Paola Palmi
con Laura Bisognin Lorenzoni, Agnese Mattanò, Alice Mazzetti, Simona Nannetti, Paola Palmi, Luana Redaliè
Lavori in corso
Perché esprime la continuità del movimento
Perché una sola definizione è un limite
Perché per costruire ci vuole sudore, fatica e resistenza
Perché ogni fine è un nuovo inizio
Perché tutte le nascite sono creazioni e …. Lavori in corso
La compagnia nasce all’inizio del 1998 dal desiderio di lavorare insieme, da intenti comuni, dall’esigenza di esprimersi in forma artistica. Ancora prima di diventare tale, si incontra in un duratura lavoro di Pratica della danza contemporanea attraverso lezioni, laboratori e seminari guidati da Paola Palmi.
Compagnia giovane di nome e di fatto; molto giovani le danzatrici con un percorso di formazione comunque ampio.
La danza nasce e vive per il luogo e non è plasmata ad esso.
Il lavoro nasce dall’improvvisazione. Le coreografie vengono costruite su musiche molto diverse, (dai classici alle tarantelle), e sono caratterizzate sempre da forte energia.