SportOpera
a cura di Claudio Di Palma
organizzazione Vesuvioteatro
Sezione della XII edizione del Napoli Teatro Festival Italia
dal 12 al 20 giugno 2019
Teatro Sannazaro, Napoli
Ci piace immaginare lo sport come una sorta di variante tutta fisica dell’arte: proprio come l’arte, sperimentando continuamente la conoscenza del limite, esso si occupa nel modo più estremo – anche se, forse, meno consapevole – delle scaturigini profonde dell’essere umano.
SportOpera nasce come un osservatorio attivo in cui recuperare quest’originale relazione tra arte e sport. Propone e provoca esercizi di stile sulle connivenze tra lo sport e le varie declinazioni dell’arte. Riesamina e rianima l’originario spirito ri-creativo dello sport profondamente falsato da quella scissione, verificatasi nel secondo ‘900, del teorico-intellettuale dalla totalizzante attività dei sensi che è il gioco. Una frattura culturale che ha progressivamente consegnato le emozioni e le passioni al sistema parassita del capitale. Durante SportOpera, il teatro, il cinema, la letteratura diventano installazioni narranti e l’attore, e l’atleta, ricercano radici e forme remote e comuni.
Edizione 2019
In un saggio di filosofia dello sport degli anni ’70, Carlo Melchiorri elaborò una sorta di glossario ginnico in cui era possibile rilevare l’importanza del termine Levitas. La parola era restituita come un opportuno latinismo capace di rimandare, traducendo letteralmente, ad una sorta di liscezza o fluidità o ancora di “pianezza”. La Levitas, ed il senso profondo a cui era riferibile in un linguaggio sportivo, l’avrebbe citata ancora, dopo qualche anno, Raffaele La Capria trasformandola nell’immagine significativa della souplesse. Una levità, dunque, un’agile pieghevolezza, una leggerezza. Ma cosa realmente intendeva col termine Levitas, riferito all’azione sportiva, Melchiorri? La Levitas era per Melchiorri l’ideale stato di trascendenza in cui l’atleta può e/o deve trovarsi nell’equilibrio perfetto tra il record e lo stile. Record e Stile, in quello stesso glossario, venivano indicati e descritti come trascendenza dell’azione che tende al limite estremo (Record) e rigore dell’azione sportiva entro limiti di spazio e tempo oltre i quali è impossibile andare (Stile). Qualunque trasgressione a questo equilibrio (citato nel saggio come parallelismo) era possibile registrarla come Errore Sportivo. Da qui parte la ricerca nodale di SportOpera 2019. Dall’analisi, cioè, ripensata in forma teatrale, delle cause, delle condizioni e delle conseguenze dell’Errore Sportivo. Dalla rielaborazione drammaturgica di quei tradimenti esemplari dell’azione sportiva perfetta che possono essere l’Agitazione, in grado di trasformare l’ideale della levitas in affermazione personale, oppure il Rischio, di per se stesso ambiguo metro di sperimentazione del limite. Diventano, in questo senso, trasgressioni alla levitas, il corpo sgraziato di Emil Zátopek e l’amore proibito di Fausto Coppi. Sono ascrivibili alla categoria degli errori di agitazione quelli di Emanoul Aghasi, Alfonsina Strada o di Tifanny Pereira de Abreu. Sono da rilevare come errori di agitazione e rischio le euforie che regolano il mondo passionale degli ultras. SportOpera, dunque, propone di occuparsi, per questa edizione del Napoli Teatro Festival Italia, proprio di queste fratture, di queste violazioni dell’equilibrio ideale e, cercando di evitare altri due errori denunciati da Melchiorri (lo sportivismo morale e quello intellettuale), affida al corpo dell’attore (da actus, appunto) l’azione e la storia dell’atleta.
Claudio Di Palma
mercoledì 12 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
FISICA/MENTE
uno spettacolo di Luciano Melchionna
testo di Luciano Melchionna e Betta Cianchini
con Maria Bolignano
costumi Milla
musiche a cura di Riccardo Regoli
assistente alla regia Sara Esposito
si ringrazia per la preziosa consulenza Roberto Valori, Presidente Nuoto Paraolimpico Italiano e Arturo Mariani, scrittore e atleta con una gamba
un ringraziamento speciale a Imma Cerasuolo
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
durata 55 min
E poi c’è l’errore che non trova responsabilità individuale: errore del fato, errore della natura… Ma si tratta davvero di un errore? O c’è un disegno segreto, secondo il quale chi può, chi è già all’altezza, deve motivare gli altri, con il proprio esempio, a tirare avanti, sorridendo determinati a segnare il goal della loro vita, a vincere le proprie gare/battaglie? Un danno o un dono? Fa rabbia anche solo pensare di dover subire una menomazione, la disabilità e l’handicap, per poter capire cosa sia la vita e cosa ci si stia dentro a fare. Con gioia e slanci impensabili. Forse fa più rabbia a chi non lo vive perché spesso, a quanto pare, chi ci si trova scopre, invece, che siamo macchine perfette, a prescindere, piene di risorse inaspettate, in grado di fare mille cose che non sapevamo, anche e soprattutto dopo una dolorosa “sottrazione”.
Una campionessa. Un fulmine a ciel sereno. Un nipote “diversamente normale”… fortunato?
Fortunati entrambi, zia e nipote? Fortunato sicuramente chi li incontrerà sul cammino. L’assenza ha un peso che può far sprofondare o volare.
E noi esseri umani solo così, forse, sappiamo scegliere la seconda e ‘fiorire’ in volo. Chapeau.
Avrei voluto correre e saltare.
Come dentro, anche fuori.
Avrei voluto continuare, avrei voluto continuare a vincere.
Per me.
Per i miei genitori.
Mia sorella sarebbe stata fiera.
Ho fatto un’altra vita.
Ho corso un’alta corsa.
Ho pianto una sconfitta senza lacrime, per non affogare.
Anche se io so nuotare. Mille stili so nuotare.
Mille e uno, senza braccia.
Mille e due, senza gambe.
Addirittura.
Oggi lo so, so chi sono.
Oggi so chi ha vinto:
che ho vinto oggi io lo so, e so che in un mondo meno ostinato a sorvolare, io sarei ancora tra i campioni.
Sarei ancora una campionessa,
la campionessa:
a me la coppa d’oro, a me il primo posto.
Ho vinto la morte, quella annunciata in cronaca.
Ho vinto la depressione, quella conseguenza imprescindibile.
Non mi avrai mi sono detta… e ce l’ho fatta, cazzo, ce l’ho fatta.
Luciano Melchionna
giovedì 13 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
OPEN – La mia storia
di Andre Agassi
traduzione di Giuliana Lupi
una lettura scenica di Invisibile Kollettivo: Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman
luci Matteo Crespi
produzione Teatro dell’Elfo
«Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita…».
Il libro della star del tennis Andre Agassi, pubblicato nel 2009, non è «semplicemente» l’autobiografia di un campione, ma un vero e proprio romanzo di formazione di grandissima profondità, “uno dei più appassionati libri contro lo sport che siano mai stati scritti da un atleta”.
Dopo L’Avversario di Emmanuel Carrère, Invisibile Kollettivo, nel più assoluto rispetto del testo, torna a scandagliare un percorso di formazione identitaria faticoso e avvincente, e cerca di illuminare piste sorprendenti e inattese che hanno portato Andre Agassi a trovarsi e a riconoscersi attraverso un processo di abbandono delle maschere a lui attribuite, prima dalla famiglia, poi dai fans e dallo star system, che hanno fatto di lui un’icona degli anni ’90. Un padre ossessivo e brutale che lo vuole numero uno al mondo, allenamenti disumani contro il “drago sputapalle”, una carriera lunga vent’anni e mille match, imprese memorabili, parabole discendenti. La favola contemporanea di un bambino che ha fatto della sua vita l’incarnazione del sogno americano.
venerdì 14 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
MIMì E LE RAGAZZE DELLA PALLAVOLO
– laddove Mimì sta per Domenico –
scritto e diretto da Sara Sole Notarbartolo
con Fabiana Russo
disegno luci Salvatore Notarbartolo
musiche originali Massimo Cordovani
costumi Gina Oliva
aiuto regia Fabio Rossi
voci Antonella Esposito, Cinzia Mirabella, Gina Oliva, Marco Palumbo, Fabio Rossi
produzione Taverna Est Teatro
con il sostegno di Teatro Popolare – Ex Opg Occupato Je so’ pazzo
e con il Patrocinio Morale del Comitato Arcigay Antinoo di Napoli
durata 1h+10min
La storia di Mimì, pallavolista con il mito di Mimì Hayuara, si ispira alla storia vera di Tifanny Pereira de Abreu, brasiliana, arrivata nella squadra Golem Palmi nel 2017. Tifanny è una pallavolista transessuale, nacque uomo e si chiamava Rodrigo. Per anni ha giocato in squadre maschili in giro per il mondo, ha gareggiato in Italia in serie A2 con le donne, era molto forte e in molti hanno pensato che avrebbe dovuto continuare a rimanere nel campionato maschile. Ha cominciato la transizione da uomo a donna nel 2013, con l’assunzione di ormoni, si è operata nel 2014, oggi tornata in Brasile, potrebbe essere selezionata per le Olimpiadi.
Questa storia è nata grazie a interviste con persone che hanno vissuto sulla propria pelle la battaglia per i diritti LGBT nello sport e in tanti ambiti della vita e del lavoro, fra queste la campionessa paralimpica Valentina Petrillo e la stessa Tiffany: «Molte persone hanno cercato di farmi smettere di giocare, se potessi tornare a parlare con la me di dieci anni fa le direi vai avanti senza paura, perché anche se non lo sai, sei una vincitrice. Grazie per questo spettacolo, sono certa che potrà aiutare molte persone.»
sabato 15 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
LA DAMA BIANCA SEMUÀ – STUDIO
Suite Coppi
di Igor Esposito
con Lara Sansone
e con Flo e Vincenzo Nemolato
musiche/sound design Marco Vidino
spazio scenico Nicole De Felice in collaborazione con la cattedra di scenografia per il teatro dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli
produzione Magazzini di Fine Millennio
durata 1h+10min
Una pièce in forma di suite. Polifonia di corpi e voci. Un canto d’amore e scandalo, adulterio, pettegolezzo e condanna nell’Italia degli anni ’50. La voce dissacrante e popolare di una donna napoletana che diviene involontaria cronista e “cunto” di una delle più discusse storie d’amore nell’Italia del dopoguerra. Storia che s’incarna e s’infiamma grazie alla Dama Bianca, ovvero Giulia Occhini, amante del campionissimo del ciclismo: Fausto Coppi, che fu, per potenza e grazia, un uomo solo al comando, pronto a scalare l’Izoard o il passo del Turchino e a non tremare davanti alla vetta più dura: la vita.
domenica 16 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
NON PLUS ULTRAS
uno spettacolo di Adriano Pantaleo e Gianni Spezzano
con Adriano Pantaleo
drammaturgia e regia Gianni Spezzano
scene Vincenzo Leone
costumi Giovanna Napolitano
luci Giuseppe Di Lorenzo
contributi multimediali e foto di scena Carmine Luino
assistente alla regia Raffaella Nocerino
collaborazione alla drammaturgia Adriano Pantaleo
organizzazione Carla Borrelli
produzione Argot produzioni / Teatro Eliseo / Nest Napoli est Teatro
un ringraziamento a La Corte Ospitale
durata 1h+10min
«Il modello di vita dell’Italia non può essere e non sarà mai quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi. Lo sport è un’altra cosa.» Dice Sergio Mattarella, durante il messaggio del Presidente della Repubblica agli Italiani del 2018
Qual è il modello di vita degli Ultras? Attraverso un’indagine teatrale durata quattro anni, abbiamo cercato di dare una risposta a questa domanda. Il modello di vita degli Ultras si racchiude in una sola parola: Mentalità. Dunque, cos’è la Mentalità? È una filosofia di vita basata su delle regole non scritte ma condivise tacitamente da tutti gli Ultras. L’impianto drammaturgico dello spettacolo procede alla scoperta di questo codice etico e comportamentale svelandone i pregi e i limiti.
Ciro cerca di conquistare la dolce Susanna, figlia del temuto capo Ultras Biagio ‘O Mohicano. La sua strategia è semplice: riuscire ad introdursi nel mondo della curva e conquistare la benedizione dal padre della ragazza. Ciro nel tentativo di sedurre resta sedotto, completamente catturato da quella mentalità che sembra dare un senso alla sua vita piatta e monotona che ha sempre detestato.
Però.
Cosa vuol dire essere un Ultras? Che responsabilità porta? Che legame corre tra lo stato civile e il movimento Ultras? Che costi ha essere un ultras?
Non Plus Ultra, ovvero “non più oltre”, la scritta che Ercole incise, sulle colonne omonime, per stabilire il limite al quale l’uomo aveva accesso. Qual è questo limite? Ciro lo scoprirà, a sue spese.
martedì 18 giugno, ore 21.00 | Teatro Sannazaro
IL MOTORE DI ROSELENA
da un’idea di Gea Martire
drammaturgia Antonio Pascale
con Gea Martire
regia Nadia Baldi
costumi Carlo Poggioli
progetto luci Nadia Baldi
spazio scenico Rossana Giugliano in collaborazione con la Cattedra di Scenografia per il Teatro dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli
assistenti alla regia Annalisa Direttore e Arianna Boccamaiello
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
durata 1h +20min
Storia in forma monologata dell’emancipazione di Roselena, nata e cresciuta dietro al Vesuvio. Il tono è tragicomico, come lei. Roselena è infiammata da una grande passione per le macchine. Una donna! C’è chi si sogna in abito da sposa, chi in tailleur manageriale, lei in tuta da pilota. L’importante nella vita è avere un motore e lei ce l’ha in testa come un chiodo fisso. Fin da piccola. Con molta meraviglia la madre si rende conto che il rumore dei motori delle macchine l’acquieta come nessuna ninna nanna e la mette di buon umore. Crescendo, il suo linguaggio dialettale, spesso sgrammaticato, colorito e poco forbito, diventa adeguato, calzante, perfetto se si ritrova a parlare di motori, carburatori, testate, pistoni, aerodinamicità. Le reazioni di chi la conosce passano dallo stupore alla perplessità allo scherno. Perché le persone intorno a lei sono fossi pieni d’acqua dentro i quali il suo motore si affoga. La bloccano, la mandano in avarìa. Ma Roselena sa aggiustare i motori scassati e truccarli a dovere, e ogni volta mette insieme i pezzi e riparte. Riuscirà ad arrivare alla meta e battere ogni record? O prenderà altre direzioni, condotta da quella macchina che tutti chiamano destino e che procede ignorando i nostri comandi? In ogni caso Roselena avrà vinto perché ha sfidato, combattuto e, di sicuro, non si è annoiata.
mercoledì 19 giugno, ore 21 | Teatro Sannazaro
FINISCE PER “A”
Soliloquio tra Alfonsina Strada, unica donna al Giro d’Italia del 1924, e Gesù
di Eugenio Sideri
con Patrizia Bollini
regia Gabriele Tesauri
voce fuori campo Pierr Nosari
foto di scena Achille Lepera
un progetto di Patrizia Bollini – Eugenio Sideri
produzione Lady Godiva Teatro
durata 1H
Alfonsina pedala, pedala veloce sulla sua bicicletta.
Poco importa se i capelli non sono lunghi e vaporosi ma corti, “alla maschietto”…
Poco importa se le gambe non sono lisce e snelle, ma tozze e muscolose…
Poco importa se tutti la prendono per “matta”…
Poco importa se viene vista come un fenomeno da baraccone…
Lei corre, sulla sua bicicletta, e pedala pedala pedala.
Facile a dirsi, oggi, di una donna che corre in bicicletta, ma meno facile 95 anni fa, precisamente nel 1924, quando Alfonsina Morini, maritata Strada, si iscrive e partecipa al Giro d’Italia. Prima ed unica donna a farlo, in quel tempo. Uno scandalo, per quella “corriditrice” che tutti credevano volesse sfidare gli uomini, ‘i maschi’. Ma Alfonsina voleva solo volare sulle ruote, correre nel vento, arrampicarsi per le montagne. E “il diavolo in gonnella” lo fece. Per tutta la vita, perché per tutta la vita la sua grande passione per le due ruote continuò.
giovedì 20 giugno, ore 21 | Teatro Sannazaro
CORRERE
da Jean Echenoz
adattamento di Antonio Marfella
con Andrea Renzi
e con il Coro di voci bianche Alma Choir diretto da Stefania Rinaldi
spazio scenico Livia Ficara in collaborazione con la Cattedra di Scenografia per il Teatro dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
durata 50min
«Il suo ritmo-gara in corsa si modifica costantemente, è fatto tutto di tempi spezzati, sottili cambiamenti di velocità di cui si dolgono amaramente quelli che lo inseguono. Non soltanto, infatti, per loro è quasi impossibile tener dietro senza scoppiare alla falcata breve, scomposta, irregolare e a scatti che Emil Inanella, non soltanto quelle incessanti variazioni di ritmo complicano loro spaventosamente la vita, non soltanto quell’andatura strana e sofferente, combinata con rigidi gesti da automa, li scoraggia perché li inganna, ma oltretutto quell’eterno ciondolare il capo e quel perenne mulinare le braccia dà loro il capogiro.» Questa una delle descrizioni del portamento di Emil Zátopek, il fondista cecoslovacco plurivincitore olimpico. Questo il tono della scrittura di Jean Echenoz. Stile scomposto quello di Emil, stile ironico quello di Echenoz. Un respiro da locomotiva umana quello di Emil, un respiro affatto eroico quello di Echenoz. Una ritmica di corsa rapsodica quella di Emil, una ritmica di racconto lineare e leggera quella di Echenoz. Entrambe, però, musica e musicale l’intuizione per tradurre in scena la storia di Emil. Musicalità affidata a voce solista e podista, quella di Renzi, e a voci ancestrali, interiori… bianche. La fatica, la gloria e il tramonto di Emil si convertono all’adattamento narrativo di Antonio Marfella consegnando il “corpo dell’eroe” alla sua più naturale dimensione di corpo d’uomo normale. Un uomo normale a cui, semplicemente, piaceva correre.
dal 12 al 20 giugno a partire dalle h 20 (escluso il 17 giugno) | Teatro Sannazaro
SPORTIME
mostra di Gianluca Carbone
SporTime si può considerare il continuo fisico, l’estendersi di lavori di una mia precedente mostra (ciclo di lavori) The Time, in quanto binomio inscindibile tempo-sport; in The Time la mia attenzione sul tempo è stata più generica ed estesa a più soggetti e situazioni legati al tempo, in SporTime, invece, la ricerca e l’attenzione sono riverse esclusivamente sullo sport e su alcuni protagonisti specifici, come ad esempio, il ritratto di Usain Bolt, atleta esasperatamente legato al tempo, e sull’immaginario, il mio, dello sport e della sua estetica; in conclusione, una sorta di omaggio al tema attraverso e mediante il mio linguaggio, i miei personaggi, la mia estetica, il mio colore.